17.5.06

Il bibliotecario.

Andando un giorno a passeggio per le vie di una citta' dove non ero mai stato, fui avvicinato da un tale che vedendomi interessato alle antiche architetture, si offri' molto gentilmente di accompagnarmi e farmi da guida, dato che era nativo di quella citta' e conosceva ogni pietra e ogni mattone di quegli antichi edifici. Era un tipo un po' singolare, molto magro, basso di statura, vestito elegantemente, ma di un'eleganza un po' antica, il colletto della camicia inamidato, come si usava all'inizio del secolo scorso, la farfallina, il vestito a rigatino, le scarpe inglesi lucidissime ma con le ghette e la classica lobbia del tempo dei nonni. Si mostro' veramente erudito in tutto cio' che riguardava le strade, le piazze e i palazzi di quegli antichi quartieri, conoscendone la storia dalla loro nascita, nel lontano quattrocento e persino le vicende delle famiglie che nei secoli vi avevano abitato. Ero veramente affascinato da tanta erudizione, anche se mi sfioro' il dubbio che molte vicende fossero da lui inventate, mi sembrava impossibile che si fossero tramandate tante notizie e dettagli della vita di persone vissute tanti secoli fa. Vedendo forse nei miei occhi una certa incredulita', mi volle spiegare che era stato per tutta la vita bibliotecario comunale e aveva inoltre passato decenni a studiare la storia della citta' rispolverando vecchissimi incartamenti dagli archivi comunali. Lo aveva fatto per passione, trovando molto più interessante il passato del presente. Cosi' passeggiando arrivammo davanti ad una palazzina fine settecento e avendo capito che mi interessava molto tutto cio' che mi aveva raccontato mi invitò a entrare per farmi vedere il risultato delle sue ricerche, un libro ponderoso contenente la storia di oltre cinque secoli della sua citta'. Entrati in casa, mi resi conto che anche l'arredamento era composto in massima parte da mobili molto antichi, per lo più del settecento con qualche pezzo di fine seicento, il tutto perfettamente conservato. Le
finestre erano tutte in vetro istoriato, inoltre la casa invece di avere l'aspetto polveroso di un museo o magazzino d'antiquario, era tenuta in modo impeccabile. Aleggiava nell’aria un lieve profumo d’incenso. Si aveva l'impressione che da un momento all'altro dovesse apparire qualche fantesca in un costume di altri tempi. Il signore, dopo aver atteso che finissi di osservare la casa e l’arredamento, mi disse: “Non ci siamo presentati, il mio nome è Mocenigo”. “Molto lieto, Pietro Annibaldi” risposi. “Posso offrirle una tazza di tè” mi chiese “Grazie, lo gradirei” Il signore sparì dietro a una tenda in un corridoio che mi sembrò molto lungo dai molti passi che sentii allontanarsi. Mentre nell’attesa ammiravo i preziosi intarsi di un tavolo, sentii un leggero fruscìo alle mie spalle, da un’ altra porta stava entrando una carrozzella elettrica sulla quale era seduta una meravigliosa creatura. Aveva un viso straordinario, grandi occhi neri e capelli cortissimi di colore rosso dorato. Una pelle di seta. Non doveva avere più di vent’anni, era vestita con un abito lungo fino ai piedi color smeraldo con dei ricami d’oro, ai piedi aveva delle ciabattine bianche anch’esse ricamate in oro. Si avvicinò con la carrozzella e mi fissò a lungo con quegli occhi neri e profondi da perdersi dentro, ero veramente imbarazzato, poi mi sussurò all’orecchio:”signor Annibaldi, non beva quel tè e non mangi nulla, attenzione”. Così com’era entrata, sparì in una scia di patchouli, lasciandomi frastornato e confuso.
Non sapevo che cosa pensare, mi trovavo in quella strana casa aspettando un tè da una gentilissima persona qual’era il signor Mocenigo, e questa straordinaria fanciulla mi aveva messo in guardia per non so quale pericolo. Pensai a uno scherzo. Dopo una alquanto lunga attesa durante la quale mi venne anche la tentazione di fuggire, arrivò il padrone di casa o presunto tale, aveva indossato un’ampia vestaglia di seta bianca ricamata e spingeva un carrello con il tè servito in una curiosa teiera di stile orientale, e da altrettanto originali tazze di fine porcellana. Accompagnava il tè un piatto di pasticcini alla crema di forme inusuali. Ora al profumo dell’incenso si aggiunse il profumo di questo tè sicuramente speziato. Non capii se l’odore di zenzero venisse dal tè o dai pasticcini. La situazione diveniva sempre piu insolita, i profumi del tè, dello zenzero e del patchouli, uniti al profumo dell’incenso formavano un miscuglio assolutamente gradevole, quasi imbarazzante. Tra tutti quei profumi mi sembrò di sentire anche un leggero odore del fumo di canapa indiana. Il mio ospite che nel frattempo continuava a parlare scusandosi per la lunga attesa condusse il carrello in mezzo a due poltrone invitandomi a sedere. Mi versò il tè ed avvicinò il piatto con i pasticcini dicendo: “Li assaggi, sono veramente straordinari, me li fa una pasticceria qui vicino, sono a base di grano, miele e crema di latte, è un’antica ricetta greca”. Erano veramente squisiti, si scioglievano in bocca, non riuscivo a fermarmi. “Lei mi deve scusare se le faccio una domanda” chiesi,“lei abita da solo in questa grande casa?” “Si, mi rispose, ma ogni tanto viene a trovarmi una nipote, la figlia minore di mia sorella, è studentessa di storia dell’arte, le manca poco alla laurea, è anche un’arpista molto dotata, sta preparando un concerto di arpa e pianoforte.” Anche il tè era ottimo, caldo, non troppo dolce, le spezie gli davano un sapore tutto speciale. Ero completamente rilassato, pensavo a come mai questa nipote dopo quella fugace apparizione non si fosse più fatta vedere, ma dal fondo della casa arrivava un fievole suono di arpa, supposi che si stesse esercitando. Tra gli odori e i sapori mi sentivo talmente bene che mentre il signore continuava a parlare di questa nipote, chiusi gli occhi per qualche secondo e mi addormentai.
Mi svegliai che faceva già buio, dalle finestre arrivava ancora un filo di luce colorata, c’erano quà e là alcune candele accese. Pensai a quanto era stato gentile il signore a lasciarmi dormire ma il signor Mocenigo e il carrello non c’erano più. Mi alzai, aspettando che da un momento all’altro sarebbe apparso il mio ospite o la nipote, ma non si faceva vedere nessuno. Guardai il mio orologio, ma non ce l’avevo più al polso, cercai nella poltrona pensando che si fosse slacciato, ma non c’era nemmeno nella poltrona, mi accorsi che non avevo più in tasca il cellulare, ed era sparito anche il mio portafoglio con tutto il contenuto. Cominciai a sospettare che mi avessero fatto uno scherzo, percorsi il corridoio nel quale era andato il signore, ma non trovai nulla, c’era solo il carrello ma non più la teiera né le tazze, nel piattino qualche avanzo di biscotti. Allora andai di corsa nel corridoio da dove era entrata la nipote, in fondo trovai una stanza, sopra un tavolino c’era un piccolo registratore dal quale proveniva la musica d’arpa. Capii finalmente tutto, il signore molto abile, la bella complice ecc. Uscii per la strada, era quasi notte, andai su e giù sperando di ….ma invano, la cittadina era semideserta, passava qualche macchina, tante finestre accese da cui provenivano le voci dei telegiornali… Pensai che in fondo non mi dovevo lamentare, erano persone d’ingegno, mi avevano truffato con stile, un signore colto e una bella ragazza, sarebbe stato più scioccante essere rapinato da qualche delinquente di strada. Un pò deluso me ne tornai in albergo. La mattina dopo, quando scesi nella hall, il portiere mi consegnò un pacchetto. Conteneva il mio portafoglio con i documenti e un bigliettino con l’indirizzo della pasticceria greca che faceva quei dolci squisiti.