5.7.06

Una coscia di pollo

Quando sono negli Stati Uniti a casa di mio figlio, una delle cose che mi diverte è prendere in mano la gestione della cucina, con grande sollievo di mia nuora che, invece di cucinare preferisce stare con i miei nipoti o curare le aiuole del loro giardino. Prendo una macchina e vado in uno di questi enormi supermarket KA dell'Indiana che non sono lontani. C’è veramente da perdersi, ci vogliono giorni per orientarsi e sapere a colpo sicuro dove andare a cercare le cose. Tutto si può trovare fresco o cotto o surgelato o confezionato sottovuoto e presentato in cento modi diversi. Comincio dall’enorme zona delle verdure dove c’è vermente di tutto, dalle zucche ai rapanelli, fresco e perennemente tenuto sotto un pulvuscolo d’acqua che ne aumenta l’aspetto di appena colto. Il bancone della carne e del pesce sarà lungo una ventina di metri, la zona del pane altrettanto e ha il forno a vista dove si può prendere il pane di ogni tipo appena sfornato. Per il latte è veramente imbarazzante, diecine di tipi di latte in confezioni da un gallone, c’è da fare una ricerca per trovare quello che sembra il più giusto. Riempito il carrello, stavo un giorno attraversando la zona surgelati che avevo sempre snobbato, dirigendomi verso le casse, quando il mio occhio cadde casualmente su una confezione che mi colpì per la bellazza della foto di una coscia di pollo arrosto. Era talmente invitante che decisi di buttarla nel carrello. Arrivato a casa, dopo aver messo a posto tutto ciò che avevo comperato, presi questa scatola con la coscia e, con particolare cura l’aprii trovandovi dentro una coscietta accuratamente confezionata sottovuoto. Prima delusione, era la metà della coscia raffigurata sulla foto. “Come cuocerla?” andai a chiedere a mia nuora “Non lo so, prova a metterla nel forno”. E’ quello che feci dopo averla fatta scongelare. Ma qui la sorpresa, era ancora dura come prima. Provai a dare un morso ma mi feci male ai denti.
A quel punto la gettai nell’acqua bollente e la lasciai bollire un bel po’. Ma non servì a niente, rimaneva un oggetto ormai di un colore tra il grigio e il marrone, assolutamente immangiabile. Allora presi quello che era stato una coscia di pollo, la portai nel garage, la misi sotto una ruota dell’auto più pesante e facendo avanti e idietro ci passai sopra una diecina di volte. Finalmente era appiattita e mi sembrò un oggetto degno di attenzione. Nei garage gli americani hanno tutti un angolo di lavoro con l’attrezzatura per lavorare il legno. Perciò presi una tavola di legno, la dipinsi di colore avorio, ci incollai sopra la coscia che ormai era diventata una vera pittura informale e la ricoprii di una vernice trasparente. Quando fu secca a dovere la misi in una cornice di legno naturale e l’appesi nell’ingresso della casa. La firmai K.A. il nome del supermercato, ma a chi mi chiedeva il nome dell’autore lasciai credere che forse era un’ opera giovanile di Karl Appel, il famoso pittore informale olandese scomparso da poco.
Si sparse la voce e molti vennero apposta per vederla.
Sicchè la casa si riempì di tanti polli in ammirazione della famosa opera di Appel.

E.M.