29.4.06

Concetta ( II elementare )

Papa’ Rico

Il mio papa’ si chiama Federico, mamma lo chiama Rico, e’ il papa’ piu’ bravo del mondo, mi vuole tanto tanto bene, mi fa tanti regali anche di cose che non mi servono ma che lui pensa che mi piacciono e tutte le mattine, quando torna dal lavoro mi sveglia coi bacini e mi porta il caffelatte e il cornetto caldo con la crema quello che mi piace tanto, poi porta la colazione alla mamma e intanto io mi lavo e mi vesto e poi lui mi accompagna a scuola col motorino che si fa tanto presto anche perche’ la scuola e’ vicina, poi so che va a dormire perche’ e’ stanco per tutta la notte che ha lavorato perche’ papa’ fa un lavoro molto pesante, svuota gli appartamenti e le ville di quelli che sono molto ricchi e hanno troppe cose, ma e’ molto bravo perche’ non fa mai casino e lascia tutto in ordine quando se ne va porta via solo le cose che valgono di piu’ e non fa come lo zio Gustavo che quella volta che sono andati insieme perche’ c’era molta roba da portare via si e’ messo a scrivere sui muri parolacce e fare la cacca sui tappeti e quando e’ arrivato il guardiano quasi lo prendevano perche’ lo zio non aveva finito di fare la cacca, per questo papa’ non va piu’ con lo zio che prima o dopo lo prenderanno invece il mio papa’ queste cose non le fa mai perche’ dice che cosi’ e’ piu’ contento, va bene prendere ma non fare cose inutili e invece cerca sempre qualcosa per me, quelle cose che mi porta la mattina quando mi sveglia e io metto le cose in una scatola che ci sono gia’ anelli, ciondoli. collanine, orologini e anche pupazzetti di argento e vecchie monete sporche che dice che sono dei romani ma io non so cosa farci e le butto nella scatola con le altre cose invece la domenica a mezzogiorno andiamo a messa, poi a mangiare in campagna da una zia che ha una trattoria dove mangiamo benissimo la pasta che fa la zia con le sue mani con un sugo tanto buono con anche le olive e poi la carne e il dolce che fa lo zio che e’ bravo a fare i dolci con la crema, poi gioco sul prato con i cugini e poi papa’ ci porta al cinema che adesso ci hanno tutti lo schermo cosi’ grande che si vede bene tutto e si sentono bene i rumori che vengono da tutte le parti, ecco questo piace tanto a papa’ che invece quando lavora e’ bravissimo a non fare rumore perche’ se no lo possono sentire e allora addio tornerebbe a casa senza niente ma non e’ mai successo perche’ lui e’ tanto bravo piu’ che lo zio che fa casino e qualche volta non porta a casa niente o delle cose che lui pensa che sono buone e invece non valgono niente e per questo si arrabbia con i padroni della casa perche’ tengono cose che sembrano buone ma sono finte invece papa’ capisce tutto e non prende mai quando non e’ sicuro, cosi’ va sempre bene e io sono contenta del mio papa’ che e’ il piu’ buono del mondo non come il papa’ di Sara che lei mi dice ma devo giurare che e’ un segreto che non devo dire a nessuno che il papa’ quando la mamma dorme va nel suo letto ma non ha coraggio di dirlo alla mamma perche il papa’ dice che le vuole tanto bene piu’ che alla mamma e che la mamma piangerebbe tanto cosi’ lei piange e basta ma per fortuna il mio papa’ e’ cosi’ bravo e buono come nessun altro e io gli voglio tanto bene e so che presto quando avro’ otto anni mi portera’ alle giostre e al circo che mi piacciono tanto quelli che fanno le capriole saltando sui tappeti che sono di gomma mi ha detto il papa’ e poi i claun che io rido che mi fa male la pancia e le giostre che papa’ mi compra il zucchero filato e ci siamo tanto divertiti quando avevo sei anni e poi dentro quel posto con tanti specchi, li’ la mamma era contenta e rideva perche’ si vedeva magra magra come non e’ perche’ la mamma e’ un po’ grassa perche’ lavora nella pasticceria e dice che ingrassa con l’odore dei dolci e delle creme tanto quando fanno i bigne’ di san Giuseppe che le fanno schifo perche’ torna a casa e puzza di fritto ma il papa’ gli piace la puzza di fritto e la odora e la bacia sul collo e mamma ride ma e’ contenta perche’ anche per lei il papa’ e’ il piu’ bravo del mondo.

Giovanni (III elementare)

Papa' Oreste

Oreste non era mio padre ma era anche meglio perche’ stava sempre con me lui mi aveva visto nascere e anche prima quando c’era la mia mamma che non c’e’ piu’. Lui mi diceva sono venuto qui che ero un ragazzo ho lasciato mia famiglia perche’ molti fratelli e molto poveri io adesso mando loro soldi cosi’ mangiano tutti li giorni, parlava un po’ strano ma era tanto buono e mi diceva sempre ti voglio bene Giovanni adesso che sei bambino perche’ dopo magari quando sei grande diventa stronzo come tuo padre io non lo posso dire perche’ e’ mio padre ma e’ un po’ vero, non stava mai a casa solo la sera qualche volta per mangiare ma con me non parlava mai, guardava la televisione e poi andava a letto. E invece sfotteva Oreste gli diceva devi portare una candela alla madonna che stai qui in questa bella casa calda invece che lavare i vetri delle macchine o pascolare capre nel tuo paese di morti di fame e Oreste stava zitto poi diceva ha ragione avvocato sono proprio fortunato. Quando mi veniva a prendere a scuola facevamo un gioco, dovevo indovinare che cosa aveva cucinato erano sempre cose diverse buonissime e io non indovinavo mai. Poi mio padre ha preso in casa una fidanzata prepotente che si e’ portata una tata rompiballe e hanno mandato via Oreste che non serviva piu’. E io sono tanto ma tanto incazzato che forse diventero’ stronzo come mio padre, come diceva Oreste.

Angelo

Papa’ Rino.

Il giorno piu’ bello della settimana e’ la domenica quando papa’ Rino mi viene a prendere e mi porta a casa. Per la strada ci fermiamo al bar e papa’ mi compra le caramelle, lui prende una grappa quando fa freddo e una birra quando fa caldo. Una volta me l’ha fatta assaggiare ma non mi piace tanto. Poi ci fermiamo in un posto dove ci sediamo sui gradini e dove passa tanta gente, mi mette il cartello e stiamo seduti finche’ non passa piu’ nessuno e allora mi leva il cartello e andiamo a pranzo. A casa ci sono i miei fratelli piccoli che sanno vedere. Papa’ li porta sui gradini gli altri giorni, ma dice che io sono il piu’ bravo. Io non capisco bene ma se papa’ dice cosi’ vuol dire che e’ vero. Quando c’era la mamma mangiavamo molto meglio, ma adesso c’e’ Samanta che non cucina tanto bene perche’ siccome lavora la notte si alza tardi e qualche volta compra la pizza e il gelato ma io sono contento lo stesso. Dopo pranzo vanno tutti al cinema, ma io rimango a casa per ascoltare le partite alla radio, mi piace ascoltare le partite e sentire la gente che grida quando la palla entra nella rete. Quando c’era la mamma accendeva la tele e mi raccontava quello che si vedeva, adesso che la mamma non c’e’ piu’ io devo stare qui all’istituto dove sono bravi, mi hanno insegnato a leggere con le dita e tante altre cose, ma il giorno piu’ bello e’ sempre la domenica quando papa’ mi viene a prendere per portarmi a casa.

28.4.06

Andy (II elementare)

Il mio papa’.

Il mio papa’ non so come si chiama perche’ non l’ho mai conosciuto quando lo chiedo alla mamma lei dice che non ha importanza ma qualche volta mi dice che si chiama Mario, qualche altra volta John, una volta mi ha detto che si chiama Bob, ma io ho capito che se li inventa questi nomi perche’ forse non se lo ricorda e io non glielo domando piu’ perche’ se anche il papa’ non c’e’ io sto bene con la mamma che lavora lei e stiamo bene assieme nella nostra casetta col giardino piccolo dove crescono le bocche di leone che la mamma taglia e mette nel vaso sul tavolo ma io me lo immagino il mio papa’ che mi piacerebbe avere e penso quando la mamma va a lavorare la sera tutta elegante e io finisco i compiti e vado a letto dopo che ho visto la televisione che forse il mio papa’ era un calciatore e allora mi avrebbe portato con lui allo stadio a vedere come giocava bene o forse era un cantante o un suonatore di tromba che a me piacerebbe tanto suonare o forse giocava a pallacanestro per questo io sono il piu’ alto della classe pero’ forse non era uno importante come quelli che si vedono sui giornali che compra la mamma ma non fa niente va bene lo stesso se era un papa’ buono che ci portava la domenica al mare o a fare le passeggiate in campagna e mangiare i panini sull’erba come fa il papa’ di Carletto che una volta mi ha portato con loro e’ stato tanto bello giocare con la palla sul prato fino la sera che era buio e abbiamo perso la palla nel fosso, ma la mamma non mi lascia piu’ andare perche’ il papa’ di Carletto quando siamo tornati andava a zigzag perche’ aveva bevuto tanto e la sua mamma di Carletto gridava che correva troppo per questo dice la mamma e’ meglio stare a casa la domenica e’ piu’ sicuro che correre sulle strade dove ci sono tanti incidenti uno abbiamo visto con tante macchine schiacciate come barattoli della Coca Cola ha ragione la mamma pero’ lei lavora sempre la notte e di giorno deve dormire poverina per questo la domenica stiamo a casa solo una volta mi hanno preso la zia e lo zio ma i cugini non volevano giocare con me per questo non vado piu’ dicevano che faccio la lampada per via che ho la pelle un po’ scura e i capelli ricci o che sembro sporco ma io non faccio la lampada e sono pulito mi lavo sempre e sto bene a casa anche senza i cugini che vanno al diavolo e io gioco che mamma mi porta tanti giochi e altri faccio io con tante cose che prendo in cucina e suono la batteria insieme con la musica de la radio, pentole, coperchi, cucchiai, lattine vuote, bottiglie e bicchieri e passo il tempo cosi’ che forse quando saro’ piu’ grande potro’ suonare qualcosa veramente.

Il mio papà Diego

Il mio papa’ si chiama Diego ed e’ un tipo molto strano. Io vado in prima media e non ho capito ancora che lavoro faccia. La mattina mi accompagna a scuola, ci tiene molto anche se io preferirei andarci da solo perche’ per la strada non fa che inveire contro gli automobilisti, i motorini e i lavavetri ed esultare per ogni bel sedere di donna che vede. Mi fa fare regolarmente tardi dicendo che tanto andare a scuola e’ inutile perche’ insegnano tutte cose che non servono a fare i soldi. Io per ripicca sono il primo della classe e lui mi chiama stronzo secchione. Lui e’ sempre elegante e profumato, cambia macchina ogni anno e da’ tanti soldi alla mamma che si compera tanti vestiti. Abbiamo una bella casa molto grande e una cameriera nera che si chiama Zazu’ ma lui la chiama Bagonghi. Mio papa’ non va in ufficio ma va spesso in banca e qualche volta si chiude in una stanza e telefona per delle ore. Da qualche parola che sento mi sembra che parli con delle persone importanti. Penso che sia cosi’ che guadagna i soldi. Io odio il calcio ma lui mi porta alla partita tutte le domeniche e quando strilla lui devo strillare anch’io altrimenti mi da’ delle gran pacche sulla testa. Non mi porta mai al cinema perche’ dice che tanto abbiamo la tele ma quando vediamo la tele non si capisce niente perche’ lui continua a cambiare canale e a commentare tutto quello che si vede. Alla fine la spegne e va a dormire e io non devo piu’ accenderla. Quando ero piu’ piccolo avevo una tata che era tanto carina e mi voleva tanto bene e io stavo bene con lei perche’ la mamma giocava sempre alle carte con tanti signori e non voleva vedermi quando giocava perche’ bisognava fare tanto silenzio. Ma una notte mi ha svegliato un forte rumore, sono sceso dal letto e nel corridoio ho visto il papa’ che faceva la lotta con la tata e le stava strappando la camicia da notte e lei lo graffiava e io allora sono scappato giu’ per le scale ma lui mi ha ripreso e mi ha dato un sacco di botte, mi ha chiamato stronzo imbecille e mi ha buttato sul mio letto e non ho mai piu’ visto la tata. Ho pianto tanto. Per questo lo odio e quando saro’ grande e lui sara’ vecchio lo chiamero’ vecchio stronzo imbecille e gli daro’ tante pacche sulla testa. Ma forse no, forse mi fara’ pena e non gli daro’ le pacche sulla testa pero’ lo chiamero’ vecchio stronzo imbecille e non gli faro’ vedere la tele.

27.4.06

Il mio papà Ultimo (terza elementare)

Il mio papa’ si chiama Ultimo perche’ e’ l’ultimo di otto fratelli che ha avuto mia nonna che poi non ne voleva piu’ e per questo lo ha chiamato Ultimo e anche lui voleva tanti figli ma non li poteva mantenere e per questo lui e la mamma ci hanno messi noi quattro in una casa di una suora dove erano gia’ altri bambini grandi e piccoli e li’ sono cresciuta e da li’ vado a scuola tutte le mattine ma non vorrei andare perche’ le compagne mi guardano strano perche’ sanno che vengo dalla casa dei bambini poveri che i genitori lasciano li’ perche’ non hanno da mangiare abbastanza per tutti anche se la mia mamma coltiva le patate che sono famose nel suo paese, ma forse non bastano le patate per mantenere quattro figli anche se lui il mio papa’ fa ogni tanto il muratore che non gli piace a lui perche’ e’ un uomo bello che molte donne lo guardano e di sicuro pensava che era meglio che non sposava la mia mamma solo perche’ aveva nella pancia la mia sorella piu’ grande ma poteva sposare una donna ricca invece di una contadina ignorante che mi viene a trovare qualche volta nella casa della suora e mi regala mille lire e mi dice di metterle da parte perche’ tanto io li’ ci ho da mangiare e da dormire e che altro mi serve ma a me serve tante cose come la matita che alla fine la devo tenere con le unghie per fare i compiti e le mutande nuove che queste hanno tanti buchi e devo aspettare di essere sola nel bagno della scuola per fare la pipi’ ma lei non lo capisce e anche nel mangiare la sera mi danno la ciotola dell’orzo con dentro tutti i pezzi di pane avanzati sul tavolo dopo che le grandi hanno finito di mangiare perche’ io sono una delle piccole e il mio papa’ e’ venuto una volta sola e mi ha domandato ma tu sei Assuntina e io si’ e lei chi e’? sono Ultimo, tuo padre ahh ho risposto e lui e’ andato via, poi l’ho visto un’altra volta in tribunale quando mia mamma gli aveva quasi spaccato la testa con la mannaia perche’ lui ci aveva un’altra moglie e due figli di nascosto che non lo sapeva nessuno ma dopo lui e’ morto e anche la mamma e’ morta e noi quattro siamo ancora qui dalla suora che aspettiamo che qualcuno che vuole un figlio o una figlia ci venga a prendere e ci tratti come figli veri invece di legarci alla sedia per darci le botte come fanno qui quando c’e’ qualcosa che gli va storto ma forse non verra’ mai nessuno e noi forse diventeremo suore e daremo le botte a altri bambini poveri.

Augusto

Mi chiamo Augusto Saporetti ma gli amici mi chiamano ”Gusto” .
Questo non lo scriviamo. Lei sa che per concederle un mutuo la banca
ha bisogno di informazioni.
Lo so.
Lei ha un lavoro?
Sì.
Che lavoro fa?
Lavoro in un’azienda alimentare che produce degli alimenti particolari.
Azienda alimentare.
Ha un lavoro specifico?
Si, sono un ricercatore addetto al laboratorio.
Che tipo di ricerca?
Sono un assaggiatore di cibo.
Che tipo di cibo?
Cibo per animali.
E più precisamente?
Cibo per cani.
Allora, assaggiatore di cibo per cani.
Il suo attuale stipendio?
Novecentocinquanta.
Certo non sono molti. Perciò vorrebbe mettersi in proprio.
Esattamente.
Pensa di avere l’esperienza sufficiente per portare avanti questa attività?
Certo, lo faccio da più di dieci anni.
Ha fatto un preventivo di tutte le spese, attrezzature, macchinari, personale.
Certamente.
Oltre alla sua esperienza che tipo di garanzie ci può dare?
BAU BAU! BAUUUU!!…BAU BAUUUUU…

26.4.06

La foresta


E’ nata una foresta
di cemento
fitta e alta
piena di luminosi occhi
che s’aprono
al tramonto
e si fissan tra loro
fino a notte inoltrata.
Solo il sole
al mattino
può cancellare
quegli sguardi vuoti
dietro ai quali
in agguato
vivono uomini
che pensano al domani
che li attende
sempre
il giorno dopo.

24.4.06

Il diluvio

Se un gran diluvio ci dovesse minacciare
gli addetti tenterebbero di salvar l'umanità
Dovrebbero trovare, da metter sopra un'arca
solo buoni cittadini d'indiscutibile onestà.

C'è un cervellone pronto con dentro tanti dati
bisogna consultarlo per saper la verità.
Hanno inserito tutti quelli che dichiarano
d'esser meritevoli di ripopolare le città.

Ci sono bianchi gialli e neri e pure un pellerossa.
Chi vien dal Congo dall'India o il Canadà
chi viene dall'Australia, la Sicilia o l'Argentina,
chi viene dalla Cina, il Minnesota o giù di là.

Ci son dei nobili, ci sono pescatori,
ci sono suore, soldati e minatori,
ci son politici e principi africani,
ci sono guru e ricchi pescecani.

E poi maestri elementari e commercianti,
industriali del ferro e del cotone,
artisti, professori e mendicanti,
vescovi e persino un siculo barone.

Hanno tutti delle buone referenze
ma per ognuno salta fuori una schifezza
per cui puliti proprio non lo sono
e devono rinunciare alla salvezza.

Nessun nome viene ancor comunicato
e per quanto stia cercando il cervellone
tarda troppo ad arrivare un risultato
e ci si accorda per un'altra soluzione.

Per avere un mondo più vivibile
resta solo popolarlo di neonati
che se anche nuoteranno nella cacca
non saranno da noi condizionati.

E.M.

19.4.06

Il caffè

Un sabato mattina, uno di quei sabati in cui non so che fare,
nessun programma, abulico come capita dopo una settimana
pesante.Entro in un bar pieno di gente e di rumori
"Uno lungo macchiato, due ristretti, un cappuccino latte freddo,
un cornetto alla crema, uno al bicchiere",come fanno i baristi
a ricordare, mi sento toccare, mi giro, una macchia di caffè sulla giacca,
mi trovo davanti una bruna, occhi ardenti, mi fissa severa,
poi affiora un leggero sorriso, io ricambio..perdoni, mi dice, mi segua,
mi porta a due passi, la casa è vicina, mi toglie la giacca e sparisce,
mi siedo, ritorna, la giacca è pulita, la guardo negli occhi, mi alzo,
ringrazio, mi guarda negli occhi, mi prende per mano, mi porta di là,
c'è un letto invitante, si spoglia, mi spoglia e inizia un tenero amore,
un profumo di nulla, ci amiamo, una musica leggera circonda l'alcova,
due giorni d'amore, baci, carezze, poche parole, rimane il mistero
del prima e del dopo e il perchè. Si veste, mi vesto, mi riporta nel bar,
è sera, la guardo allo specchio, poi la riguardo ma lei non c'è più..
E' successo..non so..

7.4.06

Ogni rivoluzione


Ogni rivoluzione
ha I suoi silenzi
dentro i quali
si spengono
le urla delle
vittime innocenti
l’angoscia
dei disadattati
degli inservibili
dei rigettati
dalla violenza
inevitabile
priva di rimorsi
necessaria
del progresso.

--Elena de Merik

Spaghetti

Primo giorno di primavera, un acquazzone ha spogliato i nocciòli dai fiori e dalle gemme. Che tristezza. Daniele passeggia sul marciapiede coperto di petali. Una sua allieva gli sta venendo incontro .
“professor Marini, buon giorno, ..sta bene?”
Daniele ha l’aria di essere a disagio e un po’ distratto risponde
“Sto bene, Perri, è questa strana giornata di primavera che mi rende un po’.. ma tu che ci fai qui?”
“Io abito proprio qui, professore, stavo salendo, mi scusi, ma visto che ci siamo incontrati avrei una cortesia da chiederle”
“di che si tratta?”
“di quel problema che ci ha dato ieri da risolvere, che non mi ha fatto dormire stanotte”
“Davvero lo hai trovato tanto difficile?”
“Si, davvero, professore.. le andrebbe di salire un attimo a casa mia, non c’è nessuno, se lei non ha degli impegni potremmo mangiare qualcosa e poi..”
Daniele tra il sorpreso e l’incredulo pensa che è la prima volta che un’allieva gli fa una proposta del genere, è un po’ incuriosito ma sospettoso, questa Perri se la ricorda poco, in classe è sempre taciturna, timida, non è di quelle vivaci, chiacchierone che spesso disturbano, vanno a fumare in bagno, non stanno mai ferme. Questa Manuela è vestita come tutte le ragazze, jeans un po’ bassi, non bassi come le altre che li tengono a livello pube, la solita maglietta corta e un bolerino. Niente trucco, capelli neri tirati all’indietro e fermati con un fiocco azzurro. Non è normale, pensa, salire in casa di un’allieva soprattuto se in casa non c’è nessuno, ma poi la curiosità ha il sopravvento.
“Che cosa mi faresti da mangiare?” chiede per prendersi un momento di riflessione.
“No so..le vanno bene due spaghetti e un’insalata?”
“spaghetti.. spaghetti come?”
“aglio, olio e peperoncino, va bene?”
“va benissimo, vengo volentieri… Lo sai, Manuela, sono un po’ stanco di andare sempre in trattoria , fanno sempre le stesse cose, perciò mi fa piacere venire in una casa vera.”
“Venga, professore, le faccio strada” e si incammina per un androne buio fino a una porta. La ragazza apre e si trovano in un appartamento molto luminoso , dalle finestre si vede un cortile con una mimosa quasi sfiorita e tanti ciclamini sui davanzali. Sembra più una garconniere che l’abitazione di una famiglia, alle pareti quadri moderni e tante fotografie incorniciate.
“Si metta comodo, professore, su quel divano vicino alla finestra o sulla poltrona.”
Daniele si toglie la giacca e si mette comodo sul divano a fiori. Pensa alla sua famiglia che vive in un modo del tutto diverso, un casolare alla periferia di un paese in Toscana, i suoi vivono tranquilli allevando polli e coltivando l’orto, ha una fidanzata storica, occupata nell’agriturismo.
“Ma i tuoi ?”
“Mamma è segretaria in uno studio di avvocati, torna la sera stanca, prepara qualcosa, facciamo due chiacchiere e poi a dormire davanti alla tele.”
Manuela va in cucina e comincia a preparare, si muove disinvolta davanti ai fornelli. Daniele è incuriosito da questa casa tanto diversa dalla sua e tanto diversa dalla pensione dove vive.
“Di chi sono tutti questi quadri?” chiede, “sembrano tutti dello stesso autore”
“Infatti, sono di uno zio”
“E le foto?”
“Anche quelle, sono fatte in giro per l’Italia oltre cinquant’anni fa”.
“Molto belle, questo zio era proprio un artista”
“Sì, lo pensiamo anche noi, invece lui amava definirsi un buon dilettante. Professore, qui è quasi pronto, ho già buttata la pasta, le dispiace se mangiamo in cucina?
“No, va benissimo, anche a casa mia si mangia in cucina, mia madre dice sempre che in cucina tutto è più saporito, si respirano i profumi del cibo invece in trattoria è tutto asettico, tortellini in brodo, la fettina, non sanno di niente.”
“Allora venga, professore, si accomodi.”
La tavola è apparecchiata sommariamente, ma con gusto. Al centro una bottiglia di vino rosso. Daniele si siede e sente già il profumo degli spaghetti che Manuela sta rigirando nella padella.. Si trova in una situazione inattesa ma piacevole. La ragazza gli mette davanti un piattone di spaghetti fumanti, lei se ne serve una porzione ridotta. Non è molto difficile preparare un piatto di spaghetti, ma questi gli sembrano speciali, sarà l’olio buono, sarà l’aglio fresco, sarà il peperoncino ben dosato, sarà perché l’ha preparati questa ragazza così gentile, sarà il buon vino, ma Daniele non si ricorda di averne mangiati mai di così saporiti.
“Caspita, Manuela, sei una cuoca straordinaria, se cucini tutto così, vengo a pensione da te”.
Lo dice sorridendo ma si rende conto di avere esagerato perciò cerca di rimediare dicendo
“Casa, mia, per piccina che tu sia”
“Tu mi sembri una badìa” continua Manuela sorridendo.
“E’ proprio vero, professore, che avere una casa, è la cosa più importante per una famiglia, avere una casa vuol dire sicurezza, non averla può portare al disagio e alla disperazione. Scusi, non lo dico per lei, ma per tanta gente che non se la può permettere.”
“Hai proprio ragione, i fitti sempre più alti, proprietari esosi e gretti..io per fortuna ho la casa dei miei, anche se in campagna, in mezzo alle colline.. ma tuo padre? Non l’hai mai nominato”
Manuela improvvisamente seria, quasi accigliata, guarda nel suo piatto e fa finta di non aver sentito. Si alza e va a prendere due insalatone che porta a tavola.
“Bellissime queste insalate, quanti colori! Peperone, olive, ravanelli, c’è di tutto..”
E iniziano a mangiare.
“Olio della Sabina, aceto fatto in casa col vino vecchio” dice Manuela..
“si sente,..ma tuo padre?”
“Professore,visto che ci tiene proprio a saperlo, mio padre sparì appena mia madre rimase incinta, non aveva ancora diciott’anni, pare che i suoi genitori l’abbiano convinto a non interessarsi di questo nascituro dicendo delle cose orrende, che non poteva avere la certezza di essere il padre, che rischiava di essere accusato di stupro, che lo avrebbero diseredato e altre cattiverie.”
“Era un debole …e i genitori degli infami” dice Daniele “col passare degli anni avrà certamente rimosso questo ricordo.”
“Mia madre non lo volle più vedere, seppe queste cose da una cugina e decise di portare avanti la gravidanza e di tenere la bambina e così ha fatto. I miei nonni l’hanno aiutata a farmi crescere, ma crescendo, quando iniziai a chiedere chi era mio padre mi hanno ostacolato, dicendo che quest’uomo non era degno di avere una figlia. Ma io non mi sono mai arresa, nessuno mi ha voluto dire il suo nome. Io all’anagrafe risulto figlia di mia madre e basta. Però un giorno ho trovato delle vecchie lettere in casa di mio nonno, ho indagato, e ora credo di essere sulla buona strada per trovarlo finalmente questo padre.”
“Ma, nonostante ti abbia rifiutata, ti va ancora di sapere chi è?”
“Certo che lo voglio sapere, voglio sapere di chi sono figlia, chi è quest’uomo che probabilmente non sa nemmeno di avere una figlia, e secondo me lo deve sapere. Dovrebbe avere circa 35 anni. Voglio sapere se è sposato, se ha altri figli, che cosa fa, di che vive, dove vive, ha capito, professore?
“Ti capisco Manuela, lo vorrei sapere anch’io se avessi lo stesso problema.”
“Frutta, professore..un caffè?”
“Un caffè lo gradisco, grazie.”
Manuela accende il gas sotto la caffettiera già pronta.
“Dopo il caffè le va di affrontare quel problemino?”
“Se non ti dà noia, sono abituato a fumare una sigaretta dopo il caffè, poi vediamo il problema”
“Non mi dà noia, ci vogliamo sedere sul divano per il caffè, professore?”
“Certo, grazie”
E si và a sedere sul divano mentre Manuela porta i caffè.
“anch’io prendo volentieri il caffè, ma niente sigaretta.”
“Brava! Vedo le tue compagne, appena escono accendono una sigaretta.
Daniele è un po’ turbato, ha accanto a sé questa ragazza aperta, schietta,
tanto diversa dalle sue compagne truccate, con le boccone rosso sangue, i
capelli tinti, i nasi rifatti, qualche seno sospetto, gonne cortissime, calze a rete, mentre Manuela ha questo aspetto di pane appena sfornato, autentica, lo sguardo limpido, avrebbe voglia di farle una carezza, ma riprende subito il controllo.
Preso il caffè, mentre Daniele fuma, Manuela prende un quaderno e lo fa vedere al professore che lo esamina e subito esclama:
“Manuela, sei distratta, questo è un errore di copiatura, qui non è 9, ma radice di 9, perciò non saresti mai riuscita a risolverlo, neanche in un anno!”
Manuela dà uno sguardo al quaderno e
“Ha ragione professore, le chiedo scusa per averla disturbata per una sciocchezza simile, e io che pensavo che ci fosse chissà quale tranello in questo problema, mi scusi ancora.”
“No, niente scuse, può capitare a tutti. D’altronde sono contento di essere stato qui, ho passato un paio d’ore così tranquillo, un bel pranzetto, era tanto che non mi sentivo così rilassato. Dovresti sbagliare più spesso..”
“Noo..non ci speri, starò molto più attenta d’ora in poi. Anche se ha fatto piacere anche a me avere compagnia a tavola, mangio sempre da sola, il più delle volte mi faccio un panino e via. Ma lei, professore, se ho capito bene vive qui a Roma da solo, come passa i pomeriggi, le serate, anche lei davanti alla tele a vedere Colombo e Carabinieri e altre scemate del generei?”
“No, assolutamente, leggo e studio, voglio prendere un’altra laurea, mi voglio laureare in informatica…il nostro futuro. Passo dei pomeriggi davanti al portatile a scambiare messaggi con altri informatici, non ci si annoia mai davanti a un computer.”
Suona il telefono, Manuela risponde “No, ora non posso, più tardi, non ve lo posso dire, ciao ciao” e riattacca.
“Amiche ?”
“amici e amiche,
“Ci sono dei ragazzi carini nella tua classe, c’è qualcuno che ti piace, qualche filarino…”
Manuela lo interrompe
“Sì, c’è qualcuno carino, ma niente filarini, o sono ancora bambini oppure sapientoni e prepotenti, ma…professore, sono un po’ curiosa, mi perdoni, ci va qualche volta a casa dai suoi?”
“una settimana sì e una nò, ho anche una fidanzata, sai, da anni, ma ci vediamo poco, è sempre tanto occupata col suo agriturismo. Se ci dovessimo mai sposare dovrei lasciar perdere gli studi, l’insegnamento e vivere in campagna, tenere i conti, intrattenere gli ospiti e così via. Ma non si sta male in campagna , forse meglio che qui in questo caos di traffico. E si mangia bene in Toscana, aria buona, buoni vini..e si guadagna bene..
“Aah, in Toscana..
“Ma ora devo andare, cara Manuela, sono felice di averti conosciuta meglio, ti ringrazio per gli ottimi spaghetti e per la tua gentilezza.”
Si scambiano un bacio sulle guance e Manuela accompagna il professore fino all’androne.
“A domani , e attenta alle radici quadrate!”
“A domani”
Appena rientrata, Manuela mette in una busta delle cose ed esce di corsa.






Alcuni giorni dopo. La lezione è finita. I ragazzi stanno uscendo.
Manuela lascia uscire tutti, poi si ferma accanto alla cattedra.
“Professor Marini,”
“Dimmi Perri, che c’è? Qualche altra radice quadrata?”
“Non scherzi, professore, è qualcosa di molto più importante”
“Dimmi”
“Non qui, professore, è una cosa lunga, le andrebbe di venire di nuovo a casa mia?”
“E’ un invito a pranzo?”
“Certo, perché no?”
Il professore, in tono scherzoso
“mi prendi per la gola…e oggi che mi faresti?”
“carbonara o penne alla Checca?”
“Quello che vuoi tu, Manuela, ormai so come cucini, mi va bene tutto.”
“Io vado a preparare, forse è meglio non uscire insieme, l’aspetto a casa”
Manuela appena a casa, si mette a preparare e dopo qualche minuto arriva Daniele.
“Entri, professore, si metta comodo”
Daniele si siede sul solito divano e aspira il profumo della pancetta rosolata con l’aglio nella padella. Manuela sbatte le uova col parmigiano poi si siede vicino a lui.
“Professore, lei certo ricorda il mio sfogo di giorni fa per questa ricerca che sto facendo ormai da mesi per trovare mio padre, forse non le sono sembrata abbastanza convincente, ma le assicuro che non ho pace, mi manca un pezzo della mia vita, come in un puzzle che non si riesce a completare per la mancanza di un tassello, ma questo pezzo che mi manca mi dà tanto dolore, mi sento incompleta come essere umano, senza una radice, senza un sostegno a cui appoggiarmi, come un alberello senza tutore. Penso alle volte che quest’uomo esiste, forse ricorda pure qualcosa, forse vorrebbe trovarmi, ma non trova il coraggio, forse non ha figli e sarebbe felice di scoprire che sto cercando di conoscerlo, tanti “forse” senza risposta. Può darsi che, conoscendolo, non mi piacerebbe, forse è un uomo ignorante, forse è intelligente e sensibile, forse nella vita tutto gli è andato male, forse è un capitano d’industria o un semplice contadino, altri forse che mi tormentano. Mia madre dice di mettermi il cuore in pace, che non vale la pena di torturarmi inutilmente, ma io sento che lo devo trovare.”
“Queste cose me le hai già dette”
“Ma non le ho detto tutto e glielo devo dire ora, professore, le mie lunghe ricerche mi hanno portata verso la Toscana, e verso di lei, forse perché lei mi è simpatico, o perché ha l’età che suppongo abbia mio padre, o perché le piacciono gli spaghetti aglio olio e peperoncino, ma qualcosa mi diceva che sarebbe potuto essere lei. Mia madre dice che sono pazza
a importunarla, sostiene che non è lei, anche se negli anni ha rimosso
l’aspetto del ragazzo e non ne ricorda neanche il nome. Professore, ho fatto una cosa della quale le devo chiedere scusa, quando lei è venuto qui giorni fa, non era per caso, avevo ideato tutto, il nostro incontro davanti a casa mia era previsto e pianificato, e quando se n’è andato ho fatto confrontare il suo DNA col mio.”
“Ma come hai fatto ad avere il mio DNA, benedetta figliola?”
“La sua tazzina, la sua cicca.. Poi ho passato giorni pieni di angoscia
e ieri ho avuta la risposta.”
Una lunga pausa, Daniele rimane interdetto, senza parole, sa già che la risposta non può essere che negativa, ma vuole che sia Manuela a decidere se dargliela o no. Non vuole chiedere nulla, vuole che la cosa maturi nella testa di Manuela.
Manuela si alza, va in cucina e continua a preparare la carbonara. Daniele rimane assorto, un po’ turbato, non si aspettava tanto accanimento in quella testolina della sua allieva, non sa che pensare. Poco dopo Manuela lo chiama.
“Professore è quasi pronto, venga, si accomodi a tavola”
Daniele si alza, va allo stesso posto della volta precedente, sente sfrigolare gli spaghetti. Manuela arriva con due bei piatti di carbonara profumata.
“Buon appetito, professore”
“Buon appetito anche a te”
E si mettono a mangiare.
Sembra facile preparare una carbonara, invece è importantissimo l’equilibrio tra la pancetta, l’uovo e il parmigiano. C’è chi usa solo il tuorlo, chi l’uovo intero, e di conseguenza varia la quantità del parmigiano. Il risultato dev’essere tale che l’uovo deve essere completamente rappreso e la pancetta sia ben distribuita sugli spaghetti e alla fine non rimanga tutta nel piatto. Queste cose Manuela le sa, infatti la carbonara è squisita e Daniele non può che farle un complimento.
“Eccezionale, vogliamo aprire un ristorantino? dice scherzando.
“Potrebbe essere un’ottima idea, ma magari prima finiamo di parlare di mio padre, sediamoci sul divano, le porto il caffè”
Daniele si accomoda sul divano e Manuela va in cucina e torna coi caffè.
“Allora..la risposta del DNA è negativa.” dice Manuela mentre Daniele si accende una sigaretta.
“Sicchè non sono tuo padre”
“Purtroppo no, e mi dispiace moltissimo, era una speranza che ho cullato per settimane e ora sono molto delusa, mi sarebbe piaciuto come padre un professore, un bell’uomo, educato, gentile, spiritoso, sensibile,”
“Mi vedi così?”
“Propri così” dice Manuela con gli occhi lucidi e un singhiozzo. Ora Daniele ha proprio voglia di farle una carezza, le mette un braccio intorno alle spalle, l’attira a sé, lei appoggia la testa sul suo petto e lascia libero sfogo alle lacrime. Daniele le dà un bacio sulla guancia bagnata. Manuela continua a piangere a lungo finchè finisce con un profondo sospiro.
“Va meglio adesso che ti sei sfogata.?” e le prende una mano.
“Sì, va un po’ meglio” dice Manuela con voce assonnata.
“Allora adesso mi devi dire se gli spaghetti li giri nel soffritto e poi nell’uovo, o prima nell’uovo e poi nel soffritto.”
Manuela non risponde, si è addormentata. Daniele prende un plaid e la copre, poi si alza, rimane a guardarla per alcuni secondi, poi se ne va in punta di piedi.