27.9.06

Energia elettrica

L’idea mi è venuta una mattina in cui, salendo le scale della palazzina, ho visto su un pianerottolo uno dei condomini che pedalava con un certo impegno sulla sua ciclette. Ho pensato: “Ma guarda quanta energia sprecata, questo signore pedala al solo scopo di fare allenamento per tenersi in forma. Ma non è peccato non utilizzare tutta questa energia anche per qualche altro scopo? Di questi tempi non si fa che parlare dell’energia alternativa, eolica, biotermica, ecc, ma nessuno ha pensato a sfruttare l’energia umana.
La ciclette, lo jogging fatto sul tappetino rotante e tanti altri esercizi con le macchine che servono solo a diventare dei palestrati (che piacciono a tante donne) , non sarebbero altrettanto utili se tanta energia non fosse sprecata?
Cominciai con i miei figli a fare un progetto. Disegnammo una ciclette per tre persone che sarebbe servita a trasformare l’energia umana in energia elettrica. Abbiamo fatto delle prove per sapere qual’era il rendimento di un’ora di pedalate di una, due o tre persone. Abbiamo constatato che con l’aiuto di un volano della giusta misura ( il cerchione di un camion ) dopo un inizio un po’ faticoso per l’avviamento, l’inerzia del volano aiuta moltissimo il rendimento, in mezz’ora si può arrivare a caricare al massimo una batteria di grande capacità. Trasformando la corrente continua in alternata, sufficiente per l’illuminazione della casa, per il televisore e il computer. Le nostre ciclette sono fatte in modo che mentre si pedala si agisce anche sul manubrio, perciò si ottiene il massimo rendimento con la stessa fatica. Io e i miei ragazzi invece di andare in palestra facciamo tutte le mattine questi esercizi, perciò abbiamo una muscolatura molto sviluppata. Inoltre, producendo noi l’energia, siamo portati a usarla con più attenzione, niente luci lasciate accese inutilmente ed elettrodomestici usati più dell’indispensabile. Mentre pedaliamo cantiamo per darci il ritmo fino a raggiungere la velocità necessaria, poi chiacchieriamo del più e del meno e il tempo passa veloce. Poi una doccia con l’acqua riscaldata dai pannelli solari, e tutti a scuola e al lavoro. Il sabato pedaliamo un po’ di più per produrre la corrente sufficiente per alimentare gli elettrodomestici per tutta la settimana. Viene ad aiutarci per mezza giornata anche Abdul, un giovane senegalese che rimane poi a pranzo con noi. Lo paghiamo come un collaboratore domestico, e lui è felice di avere un introito fisso oltre ai suoi guadagni come venditore di borse e occhiali. Gli fa piacere pedalare con noi, si rende conto che fa bene anche al suo fisico. Inoltre spera che ci siano altre famiglie che abbiano la stessa iniziativa, ha chiesto in giro, ha trovato molti amici africani che sarebbero felici di pedalare un paio di ore al giorno per arrotondare i loro modesti guadagni,
La nostra bolletta della luce è di pochi euro a bimestre, non più di dieci. La società elettrica ha mandato un controllore per scoprire se la corrente la rubiamo e come. Ma questo tecnico si è dovuto rendere conto che tutto è regolare.
E noi continuiamo a pedalare.

E.M.

19.9.06

Il portone

Il portone.

Erano anni che andavo nel laboratorio di analisi cliniche nei pressi di casa, sia per fare le analisi di controllo consigliatemi dal mio medico, sia per ritirare i referti. Era andato sempre tutto liscio, i tempi di attesa erano più o meno sempre gli stessi, l’afflusso di clienti in entrata e in uscita era costante secondo gli orari. Ma un giorno, all’uscita, trovai un paio di persone che tentavano invano di aprire il portone che sembrava bloccato. Al di là del vetro c’era già un gruppo di persone che non riusciva ad entrare. Le persone all’interno cercavano di agire sul pulsante di apertura, tirando il battente bloccato, quelle all’esterno non potevano fare altro che spingere il battente che non accennava a sbloccarsi. Tutti comunque gesticolavano per far capire che il portone era bloccato, inoltre c’era uno scambio di urli dato che il vetro del portone era piuttosto spesso e le voci si sentivano a malapena. Dopo qualche minuto erano arrivate altre persone sia per entrare che per uscire, si erano fermate ormai oltre venti persone e la confusione era arrivata al massimo. Tra coloro che dovevano entrare si era fatto largo un noto personaggio della televisione, un giornalista che poi sapemmo abitare nello stesso stabile. Questo signore gesticolava cercando di far capire a noi che eravamo chiusi dentro che bisognava chiamare qualcuno del palazzo per far aprire il portone con la chiave. Infatti dopo qualche minuto, attirato dal fracasso arrivò un tale con una chiave che però risultò inutile per aprire il portone dall’interno. Dopo altri sgrulloni al portone da ambo le parti, finalmente arrivò un dipendente del laboratorio che, uscito all’esterno da qualche porta di servizio tentò di aprire il portone con un’altra chiave. Altro tentativo fallito. Io mi trovavo quasi addosso a un battente. Di fronte a me, all’esterno, c’era una ragazza con un golfino rosa, molto carina che mi sembrava una faccia conosciuta. La situazione era di stallo, non sapevamo a chi rivolgerci per risolvere il problema. A quel punto eravamo una quarantina di persone, chi ressegnato, chi indispettito, e chi quasi furioso. Una signora anziana, un po’ grossa, boccheggiava e qualcuno le portò una sedia, un altro un ventaglio. Io fronteggiavo sempre la ragazza in rosa, quasi contento di vedere una faccia simpatica, quasi divertita. Ogni tanto ci scambiavamo qualche sguardo, notai che aveva degli occhioni neri e profondi. Forse eravamo noi due soli a divertirci dell’insolito contrattempo. Il giornalista, conoscendo l’edificio, cominciò a far degli ampi gesti per indicare a noi, chiusi dentro, di rientrare al laboratorio e da lì fare il giro fino all’ ingresso di servizio che qualcuno ci avrebbe indicato, per poter uscire e allo stesso tempo invitava le persone all’ esterno di seguirlo per fare lo stesso percorso per entrare. Finalmente la situazione si era sbloccata e ci muovemmo tutti per fare questo percorso alternativo. Io e la ragazza ci demmo un ultimo sguardo, quasi dispiaciuti di interrompere quella scena muta. Si rientrava nel laboratorio per poi passare in un corridoio alla fine del quale c’era un ambiente, da qui si passava in un cortile e poi al retro dell’edificio che portava all’esterno. A metà percorso incontrai la ragazza in rosa che rallentò e sentii quasi un invito a fermarmi a parlare, mentre le persone passavano frettolose chi in un senso e chi nell’altro.
“Mi deve scusare” dissi alla ragazza in rosa, “non vorrei sembrare importuno, ma il caso ci ha fatto incontrare e, visto che ci siamo fronteggiati a lungo, mi sembra quasi di conoscerla”
“Anche a me sembra di conoscerla”
Mi sembrò che mi incoraggiasse a continuare a parlare.
“Mi scusi, lei va di fretta?”
“No, dovevo solo ritirare un’analisi ma ora ci sarà una tale calca.. posso tornare più tardi”
“Le andrebbe di andare a prendere una cosa al bar qui accanto?”
“Certo, mi farebbe piacere”
Perciò uscimmo e andammo a sederci al vicino bar. Arrivò il cameriere.
“Che cosa prende?” –le chiesi
“Io sono molto golosa, prenderei un bel gelatone..bacio, torrone e nocciola”
“E il signore?” chiese il cameriere
“Io vorrei un succo di pomodoro condito.
Nel frattempo ebbi occasione di osservare meglio la ragazza e mi resi conto che era estremamente graziosa, snella, elegante, ben truccata e pettinata, proprio un figurino.
“Ma anche lei abita da queste parti?” mi chiese
“Sì, certo”
“Ma esattamente ..”
“ In questa stessa via, al 26 “
“Davvero, anch’io abito al 26”
“ Scala?”
“Scala A”
“ No, io scala B, ecco perché non c’incontriamo”
“E invece c’incontriamo spesso, ma lei è sempre così distratto…”
“Non è possibile che non mi sia mai accorto..mi sembra imperdonabile..
“Penso anch’io che sia imperdonabile, di solito non passo inosservata..
“Ma allora.. magari lei sa anche come mi chiamo..
“Sissignorino, Alessandro Martini, detto Chicco..
“Non ci posso credere..ma come..”
“Al terzo piano, le pareti sono sottili, sento sua madre ..
“Ma lei...
“Angela Aletti.. per gli amici, Lina”
“Sono confuso, mi sembra di essere un tonto..
“Un po’ lo sei, caro Chicco, è più di un anno che ti osservo, ci voleva una porta bloccata perché ti accorgessi di me”
“Scusami, so di essere un po’ distratto, penso sempre ai miei fumetti, saprai anche che disegno fumetti”
“Che firmi Chicco.
“Oh Lina, sono una frana,”
“No, signor Martini, i tuoi fumetti sono bellissimi”.
Così ci conoscemmo tre anni fa e ora a quel bar ci portiamo i nostri gemellini a mangiare quell’ottimo gelato, Bibì ama la nocciola, Lulù i gelati alla frutta..io sono fedele al succo di pomodoro, Lina ama i gelatoni misti con tanta panna.
Al posto del famoso portone c’è una bella porta a vetri scorrevole…

settembre 2006 EM